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Oggi vale ancora: «Cerco l’uomo!» di Paolo Caccia (La Prealpina 24/07/2017)

Oggi vale ancora: «Cerco l’uomo!»
di Paolo Caccia

Testo pubblicato su “La Prealpina 24/07/2017”

Siamo ancora una volta la società delle tre scimmiette?
In tv noi vediamo tutto: la morte in diretta, la donna manager e sexy, come si cucina un piatto pieno di cose belle e colorate da vedere, la partita del cuore, le notizie di violenze sessuali e stupri, automobili da sogno o da brivido, la politica come folclore…
Ma non abbiamo, dentro di noi, il sentimento della morte, non sentiamo il profumo di una donna, ma solo la frustrazione di non averla, non sentiamo il sapore del cibo, ma solo l’invidia del cibo, che l’altro ha, ci arrabbiamo per una frazione di secondo del goal della squadra del cuore, inorridiamo della violenza alle ragazze, ma ci mangiamo sopra i popcorn, vediamo scorrere la politica dei gossip, nello sbattere in piazza il mostro che poi magari non sarà (chi se ne frega) da parte di qualche potere istituzionale, urlando su veline velenose, passate sottobanco, ma senza discutere i problemi reali.
Vediamo tutto ma non sentiamo nulla, il telecomando ci trascina dal sesso, alla morte, ai soldi senza emotività e razionalità. Tutto ciò aumenta l’egocentrismo e l’invidia come una malattia sottocutanea, latente che esplode quando non lo pensi. Noi beviamo di tutto il virtuale che ci avvolge, facendo la boccaccia disgustata per aver bevuto una cosa amara, ma poi quando parliamo e discutiamo non possiamo non fare a meno di dire: l’ha detto la tv, lo compro perché c’è la pubblicità in tv; diventi tuttologo quando tu vedi la pagliuzza nell’occhio del tuo vicino, facendola diventare trave, ma sapendo che la trave è del tuo occhio.
La televisione non inventa il nuovo, rassicura, ti inchioda alla sedia, non ti rende interattivo, ma ti costruisce una forma mentale assorbente senza riflessione.
Tutto questo non avviene solo a Varese, in Italia ma nel mondo, cioè in un mondo globale come lo codificò McLuhan nel suo libro “Villaggio Globale”abolendo così limiti di spazio di tempo e di etnia.
Ma con l’avvento delle applicazioni su internet, di mezzi veloci di trasmissione, il mondo si è unificato, e ha nello stesso momento diviso tutto sui particolari, sulla propria patria o sulle religioni, creando una schizofrenia tra la globalità ed il particolare tanto sviluppato da Machiavelli.
Tutto ciò che ci circonda ci diventa indifferente sul piano delle vere percezioni, sia come attori che spettatori.
Trovi questa indifferenza in molti dipendenti negli uffici pubblici (esclusi i pochi educati e gentili operatori), ove sei considerato un numero ed un fastidio che disturba la loro giornata.
La trovi nelle code, anche quando vai a divertirti o per futilità, ti superano nella fila pur arrivare primi.
Ci si mette a discutere di omicidi e rapimenti senza emotività o solo per mostrare che sei aggiornato. Trovi superficialità anche nell’amore che si consuma in uno spazio di una settimana, come se fosse un bacio di cioccolato.
Il distacco dal reale diventa sempre più forte e la finzione è generalizzata, diventa realtà.
In questa analisi incominci a capire perché gli anziani, uomini che vivono il periodo delll’adultità, sono costernati ed increduli; i 40/50 enni bloccano con forza l’avanzamento dei giovani, per paura del domani percepito come salto nel vuoto; i giovani non si integrano con gli adolescenti perché superati dalle nuove tecnologie quotidiane che li rendono onnipotenti; tutti pensano che il proprio mondo ed il proprio modus vivendi sia quello giusto e che gli altri non abbiano le cognizioni per capire loro e la loro esistenza.
Forse bisogna ripensare ai valori: corretti rapporti interpersonali, al rispetto dell’altro ad una giustizia- giusta con la G maiuscola. Non è nostalgia (meditiamo sugli ultimi rapimenti e uccisioni di donne, giovani o coniugi) ma è urgente bisogno, per una società senza direzione, ritrovare nella famiglia, interattiva e vivace, il luogo del dialogo e della sicurezza e della formazione. Bisogna rivestire di nuovo l’uomo dei valori antichi, sempre attuali, della sua natura migliore, i quali non sono relativi alla contingenza ma all’uomo integrale di Maritain. Siccome ci sembra ormai di capire che il relativismo è la linea di tendenza della società, vorrei ricordare una voce fuori dal coro (stonato del momento), anche se antica, di Cicerone che scriveva: “Nessuno è tanto vecchio da non sperare di vivere ancora un anno, né alcuno è tanto giovane da essere sicuro di vivere ancora un giorno”.
Noi possiamo solo far finta di non vedere, ma il tutto è dinamico e continuo e corre anche con i nostri occhi chiusi, spetta noi aprirli e scegliere con almeno buon senso, per vivere gli eventi e non farsi trascinare da essi. Diogene, molti secoli fa, al di là di alcune sue stravaganze, cercava l’uomo vero. Una volta uscì con una lanterna di giorno, e, alla domanda su che cosa stesse facendo, rispose: “Cerco l’uomo!”, non intendendo con questo però “un uomo onesto”, come pensano alcuni, in quanto l’onestà non era certo, come invece oggi, una delle più pregnanti esigenze civili del mondo greco del quarto secolo a.C. Egli invece cercava qualcuno che avesse le qualità dell’uomo naturale (Diogene) voleva significare appunto questo: cerco l’uomo che vive secondo la sua più autentica natura, cerco l’uomo che, al di là di tutte le esteriorità, le convenzioni o le regole imposte dalla società e aldilà dello stesso capriccio della sorte e della fortuna, ritrova la sua genuina natura, vive conformemente ad essa e così è felice.

Paolo Caccia

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