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La professoressa Eliana Minelli all’Ucid: «Oggi non siamo in grado di stabilire le professioni del futuro, ma creiamo nei giovani quelle capacità fondamentali»

ALTO MILANESE | 23 marzo 2023

La professoressa Eliana Minelli all’Ucid: «Oggi non siamo in grado di stabilire le professioni del futuro, ma creiamo nei giovani quelle capacità fondamentali»

articolo di Laura Vignati

Interessante serata ieri all’Idea Verde dove la docente dell’ateneo di Castellanza ha dialogato con gli imprenditori sul futuro del lavoro soprattutto dopo il periodo Covid e guerra.

Quali sono le sensazioni che state vivendo nella vostra azienda? Che cosa suggerire ai giovani? Quali competenze vanno sviluppate nei ragazzi? Che cosa possiamo dire delle professioni del futuro? Domande interessanti, attualissime e provocatorie sono quelle che hanno animato la serata di ieri all’Idea Verde di Olgiate Olona dove gli imprenditori dell’Ucid hanno dialogato con la prof. della Liuc Eliana Minelli chiamata a sostituire Luca Pesenti (per una febbre) che avrebbe dovuto parlare di Smart working. Ma la docente di organizzazione e gestione del personale, in un tu per tu con gli imprenditori, ha saputo toccare punti fondamentali che interessano i giovani e le imprese.

Partendo da un riferimento storico al cardinal Federigo Borromeo vissuto nell’epoca in cui l’Insubria si estendeva fino a Milano, ha fatto riflettere sull’importanza della ricerca, interrogando gli imprenditori sulle sensazioni che stanno vivendo in azienda. Pronta la risposta: standardizzazione, europeizzazione e forte pressione dall’estero. Tre considerazioni sacrosante che sonio state ben accolte dalla prof. «E vero che è sempre forte la pressione alla conformità verso modelli certificati – ha ribadito – Abbiamo una significativa esigenza di sicurezza, cerchiamo di standardizzare e normare ogni situazione, la nostra cultura ha paura dell’incertezza. Se un tempo l’incertezza dominava la vita quotidiana, oggi si tende a controllare tutto. Ne è un esempio l’eugenetica che mira al controllo dell’uomo standardizzato. La nostra società è sempre più incerta: da una parte è forte l’esigenza di controllare e normare, dall’altra parte questo genera ripercussioni nel creare gabbie di standard che funzionano in condizioni di normalità. Il Covid ce lo ha insegnato: scardinando la normalità, ci ha spiazzati».

Da qui la seconda domanda: Che cosa offrire ai giovani, cosa occorre fare per essere all’altezza dell’incertezza? Si è parlato di ingerenza della tecnologia, della rapidità del suo cambiamento per cui l’uomo non riesce a stare al passo, vivendo un senso di frustrazione. Si è accennato alla conoscenza di se stessi, all’istruzione che dovrebbe insegnare ai ragazzi a ragionare con la propria testa, avere concetti sistemici che provengono dall’educazione. «Ma soprattutto è fondamentale offrire ai giovani delle competenze – ha rimarcato – degli strumenti che li rendano protagonisti della realtà»

Da qui si sono snocciolate le skills, soft e hard. La concentrazione si è spostata sulle soft, fondamentali nella formazione di un giovane, quelle capacità che nascono con la persona e la sua educazione: capacità di ascolto e giudizio, responsabilità, autocontrollo, resilienza, rapportarsi con gli altri. «E soprattutto – ha voluto sottolineare la prof – la capacità di apprendere ad apprendere, l’imparare ad imparare. In particolare le soft skills attivano le hard». Dunque le soft skills devono affiancare le competenze tecniche. Ne consegue l’importanza dell’orientamento per un giovane che non significa solo informare il ragazzo sulle opportunità di lavoro offerte dal territorio, ma far capire al giovane che cosa il territorio offre in base ai costituenti, ossia alla capacità di ognuno, di adattarsi per leggere dentro se stessi.

L’orientamento in primis significa conoscenza di se stessi. «Una responsabilità della persona – ha concluso – di comprendere dove dare il proprio contributo. Dunque dobbiamo dire ai ragazzi di coltivare sia le hard skills sia le soft skills. Non esiste la professione del futuro, ma occorre creare un patrimonio nei giovani, che è appunto quelle delle soft skills. Oggi non siamo in grado di stabilire le professioni del futuro, ma sappiamo quali sono i mattoncini per creare le nostre professioni».

 Laura Vignati

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