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INDIVIDUALISMO ECONOMICO spunti tratti da Storia ed attualità dell’individualismo economico

 

 

Individualismo economico

testo tratto

da Luigi Ferrari – Storia & attualità dell’Individualismo economico – Studi Cattolici 677/78

L’egemonia dell’individualismo economico ha prodotto numerosi inconvenienti, piuttosto rilevanti su diversi piani. La loro semplice enunciazione ed enumerazione richiederebbe uno spazio nettamente maggiore di quello qui disponibile. Nuovamente sintetizzando, possiamo citare tre dei campi nei quali questa trasformazione antropologica ha mostrato i suoi maggiori effetti:

  1. la caduta della socialità in tutte le società occidentali;
  2. il recente collasso della famiglia nucleare, dopo la fine storica della famiglia allargata;
  3. la diffusione negli ultimissimi anni di disagi mentali da isolamento e da «narcisismo», tipici di un processo di atomizzazione del singolo.

La caduta della socialità ha assunto manifestazioni molto differenziate ed è stata oggetto di numerosi studi ciascuno dei quali, per lo più, ne ha focalizzato solo alcuni lati. Negli ultimi anni è in calo netto ogni forma di partecipazione ad attività politiche, sociali, sindacali, religiose ecc. Sullo stesso piano, sono diminuite le iniziative filantropiche e di sostegno alle persone in difficoltà. Come è stato rilevato, queste manifestazioni di isolamento sociale non vanno confuse col più volte citato egoismo. Per fare un esempio, le attività filantropiche, in quanto donazioni in denaro, non sono diminuite o addirittura sono talvolta aumentate. In diminuzione è piuttosto l’attività svolta «in prima persona» a favore delle persone bisognose. La differenza è solo in apparenza pedante: oggigiorno l’individuo riconosce il bisogno degli altri e sviluppa identificazioni positive, ma, in quanto homo clausus, non desidera essere coinvolto personalmente e/o crede di non essere in grado di farlo.

Forse ancora più importante, riguardo al calo della socialità, è la caduta della fiducia. Qui gli esempi sono numerosissimi e quotidiani. Le persone, soprattutto nelle grandi metropoli, vivono nel timore costante di un’«aggressione» riconducibile alla criminalità, ma riferita anche alla propria privacy e alla propria autonomia di vita. Da ciò, molti comportamenti di isolamento fisico (uso sempre più massiccio di strumenti di difesa della casa, di controllo vigile dell’incolumità dei figli ecc. ecc.), ma anche molti comportamenti di isolamento psicologico (ricerca dell’anonimato, ritualità difensiva negli incontri con gli altri perché nulla sia lasciato agli imprevisti, fuga pura e semplice dalle occasioni di scambio, mito dell’autosufficienza, fobia della ricerca di aiuto e di sostegno ecc. ecc.).

Quanto alla crisi della famiglia, i dati sono inequivocabili: all’inizio degli anni 2000 negli Stati Uniti è stato lanciato un allarme sulla caduta dei matrimoni (dimezzati in una sola generazione), come sulla procreazione dei figli fuori dal matrimonio passati in vent’anni dal 2% al 22%. Anche in questo caso, l’elenco potrebbe essere lunghissimo e non riguardare soltanto gli USA, ma anche tutti gli altri Paesi occidentali e non solo. Recentemente è stato lanciato un grido d’allarme dalla rivista The Economist sul crollo dei legami famigliari nei Paesi orientali. In Cina e Giappone, Paesi per tradizione collettivisti, ma oggi molto più coinvolti nell’individualismo, la creazione di famiglie, anche se nucleari, sta drammaticamente calando anno dopo anno. La segnalazione della rivista è molto importante perché la caduta della nuzialità non è solo un problema psicologico o, se si preferisce, di preferenze nelle relazioni. Il crollo della nuzialità e la dissoluzione della famiglia rappresentano, infatti, anche un gravissimo problema sociale per quei Paesi in cui il soccorso agli anziani, ai malati, agli inabili ecc. è stato per millenni essenzialmente missione della famiglia ed è, per questo, molto difficile da sostituire.

Ma forse, sul piano psicologico, è ancora più impressionante il sorgere di una inusitata tendenza alla denatalità, sotto forma di movimento (associazione No Kid). Non si era mai visto, infatti, nella storia un movimento che propagandasse il rifiuto della maternità come valore. Nel passato, ci sono stati numerosi periodi di riduzione delle nascite, ma sempre vissuti come una tristissima scelta dovuta a cause di forza maggiore, da superare auspicabilmente al più presto.

da: Luigi Ferrari (ordinario di Psicologia economica e del lavoro e di Psicologia delle condotte finanziarie nell’Università di Milano-Bicocca) – Storia & attualità dell’Individualismo economico – Studi Cattolici, 677/78, Luglio/Agosto 2017, p. 488-489

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