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4 Febbraio 2015 “FAMIGLIA SITUAZIONE ED EVOLUZIONE NEL MATRIMONIO CRISTIANO”

L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA NELLA CHIESA
I PROCESSI MATRIMONIALI

Relatore Padre Alvaro Conti

Conti per sito

Amministrare la giustizia è onorare Dio e cercare di essere come lui “giusto giudice” (2 Tim.4, 8).
I Presupposti teologici fondamentali dell’attività giudiziaria della Chiesa.

1. Nella prospettiva di delineare la problematica della questione, non posso che cominciare col ricordare che la potestà giudiziaria e il dovere di giudicare nellaChiesa sono di origine divina.
Gesù Cristo «Iudex vivorum et mortuorum » (At. 10,42) ha trasmesso agli apostoli e ai loro successori il potere di giudicare. Il Concilio Vaticano II, perciò, trattando della potestà conferita ai Vescovi nella consacrazione episcopale (LG. 21-27), ha potuto riaffermare concordemente con la Sacra Scrittura e con la Tradizione, che «Episcopi sacrum ius et coram Domino officium habent in suos subditos … iudicium faciendi».

2. Il secondo presupposto su cui si fonda l’attività giudiziaria della Chiesa riguarda i diritti dei fedeli (laici o chierici costituiti nei diversi gradi gerarchici), difesi davanti ai tribunali ecclesiastici, anche essi hanno un indubbio fondamento teologico.
Il riconoscimento dei diritti dei fedeli nella Chiesa non proviene soltanto da tali o da altre considerazioni filosofiche o ideologiche, ma soprattutto dal loro fondamento teologico cioè dall’antropologia teologica (dalla visione dell’uomo cristiano) .

3. Il terzo presupposto è la considerazione della natura della Chiesa (vista da varie angolature), così come ci viene presentata dal Magistero e illustrata dai teologi.

a. Il concetto della Chiesa come communio fidelium postula ovviamente che i vincoli di comunione tra i fedeli, qualora fossero stati intaccati dalla violazione dei diritti e da conflitti, vengano quanto prima ripristinati per il bene di tutta la comunità ecclesiale.

b. La realtà della Chiesa, quando la presentiamo come Popolo di Dio, mettendo in rilievo l’uguaglianza di tutti i fedeli di fronte a Dio per quanto riguarda la loro dignità, la vocazione.

L’uguaglianza nel trattamento delle parti nei processi canonici, anche se si tratta di conflitti tra persone private e gli organi del pubblico potere.

c. La Chiesa concepita, infine, come Corpo Mistico di Cristo rivela un organismo vivente, operativo, composto da vari membri.
Tale concetto rivela anche che le attività o il modo di svolgerle, da parte dei singoli membri, in quanto non consoni alla propria specifica vocazione, specialmente se violano i diritti.

d. L’ultima connotazione, da non dimenticare è che la Chiesa ha connotazione essenzialmente divina e un orientamento sostanziale verso la salvezza. Per questo viene
detto che la Chiesa è Sacramento fondamentale di salvezza. La realtà della Chiesa, in questa visuale, impone che la sua attività giudiziaria si ponga principalmente in difesa dei valori spirituali che hanno importanza, in prospettiva eterna, per la realizzazione della volontà salvifica di Dio.

4. Da quanto fin qui è stato detto, sulla origine divina della potestà giudiziaria della Chiesa, sul fondamento teologico dei diritti dei fedeli e sui postulati derivanti dalla natura della Chiesa, risulta chiaramente la finalità propria dell’amministrazione della giustizia nella Chiesa.

II. Aspetto teologico in relazione alle materie trattate.

L’aspetto teologico dell’attività giudiziaria della Chiesa SI può cogliere considerando anche le materie trattate nei tribunali ecclesiastici. Esse riguardano in grandissima parte proprio le realtà teologiche (cfr. can. 1401). In particolare il matrimonio

1.

Una grande dimostrazione di ciò è rappresentata dalle cause di nullità di matrimonio che costituiscono il principale e spesso quasi esclusivo lavoro dei tribunali ecclesiastici.
Vi sono motivi di nullità di matrimonio stabiliti dalla Chiesa (ad es. forma canonica, impedimento di ordine, ecc.), la maggioranza però dei capi di nullità di matrimonio, trattati dai tribunali ecclesiastici, è di diritto divino (naturale o positivo), in modo chiaro e pieno (ad es. esclusione dell’indissolubilità, simulazione totale, impedimento del vincolo, ecc.) oppure in modo parziale nel senso che il capo di nullità, per sé di legge divina, ha avuto una ulteriore specificazione dal diritto positivo della Chiesa (ciò che si ritiene verificarsi ad es. nel ‘vis et metus’) o nel senso che il motivo di nullità, per sé di diritto positivo canonico, in qualche caso particolare può essere di diritto divino (ad es. impedimento di disparità di culto quando il matrimonio con una determinata persona non battezzata costituisce grave pericolo per la fede della parte cattolica). Spetta, perciò, al giudice ecclesiastico, scrutare tali realtà di impronta divina, sia per quanto riguarda l’ambito del capo di nullità come tale, sia per quanto concerne il caso da definire.
Ma c’è di più, sotto l’aspetto teologico, in questo genere di cause. Dal momento che il matrimonio, per legge divina, è indissolubile, un qualsiasi concreto matrimonio, accusato di nullità per qualunque capo e sottoposto al giudizio del tribunale, nella sua realtà sostanziale, cioè oggettiva, è valido o nullo indipendentemente dalla decisione del giudice ecclesiastico. Perciò, se il giudice sbaglia dichiarando nullo un matrimonio valido nella sua realtà esistenziale, «scioglie» ciò che Dio stesso ha reso indissolubile, dichiara cioè nullo ciò che per la volontà di Dio non è nullo, «libera» le parti dagli obblighi dai quali non li può liberare, e permette loro di contrarre una relazione giuridicamente non regolare. Se, al contrario, erroneamente dichiara «non constare» della nullità di un matrimonio in realtà nullo, obbliga, in opposizione alla volontà costitutiva di Dio, gli pseudo-coniugi a continuare la vita non regolare ed impedisce loro di esercitare il diritto fondamentale a contrarre un valido matrimonio.
Tutto ciò assume una particolare rilevanza, se consideriamo che il matrimonio, che è un istituto di enorme importanza vitale nel campo sociale, fu, come tale, elevato da Cristo a sacramento, e cioè venne costituito come mezzo importantissimo, ed anzi essenziale, per il realizzarsi della Chiesa, come fonte di grazia e mezzo di santificazione dei coniugi e della Chiesa.
E’ ovvio che questa funzione, o piuttosto missione, il matrimonio cristiano la può svolgere, in modo adeguato, solo se risponde alla verità esistenziale, se cioè si tratta del matrimonio oggettivamente vero. Il giudice ecclesiastico si intromette, quindi, in una realtà teologica, vitale ed operativa, e la sua dichiarazione, se contrasta con la verità esistenziale stabilita da Dio, non può essere che controproducente nel piano ecclesiale, nel piano della grazia e della santificazione.

Dall’esperienza giudiziale: alcuni elementi critici per reagire affinché il matrimonio possa procedere bene ed avere un futuro.
Lo stretto legame con la famiglia di origine: un fatto che ritorna spesso è il legame che un soggetto mantiene con ciò che precede la vita coniugale. Questo può essere uno stretto legame con la famiglia di origine, così che non si sappia fare a meno di un continuo riferimento per ogni scelta e ogni decisione. Altre volte il legame è con lo stile di vita precedente il matrimonio: si va avanti a vivere come se si fosse ancora fidanzati, con le abitudini e soprattutto con la libertà di allora. Si dimentica che la vita a due comporta cambiamenti, dipendenti dal fatto che si è scelto di camminare da coniugi, cioè sotto lo stesso giogo.

Il venir meno del dialogo: altro elemento che manda in crisi il matrimonio o risulta il segno di una crisi in atto è il venir meno del dialogo: non si parla più insieme, non si è più capaci di andare oltre la banalità della vita quotidiana.
Quando uno incomincia a non volere più parlare di se stesso, del proprio lavoro, dei problemi che incontra, oppure quando l’altro diventa insofferente verso il coniuge che cerca di manifestare quanto va vivendo, allora è un segno che il legame si sta sfaldando.
Il dialogo deve nascere dal fatto che ci si preoccupa dell’altro ci si fa carico dell’altro dei suoi problemi dei suoi sentimenti
Quando l’altro comincia a non più interessarmi (eppure si ha promesso amore nella buona e cattiva sorte).

La dimensione intima del matrimonio: un sintomo eloquente è il venir meno della dimensione intima, della scomparsa dell’esercizio della sessualità. La sottovalutazione di questo aspetto può essere la causa di una crisi della vita coniugale. E’ certo una dimensione delicata perché conosce i cambiamenti con il passare degli anni e la sensibilità dei coniugi.
E’ un argomento però che non si può e non si deve evitare… non si può andare avanti, facendo a meno di una vita intima.
L’affrontare insieme le difficoltà in questo ambito è segno di una delicata attenzione nei confronti dell’altro, della volontà di vivere insieme come coniugi, senza accontentarsi di essere come fratello e sorella, perché questo non è lo scopo del matrimonio.

Il tema della procreazione: anche il tema della procreazione ha un suo peso nella vita coniugale. Un matrimonio funziona quando l’argomento viene affrontato da prima delle nozze e insieme si cerca di coniugare la generosità nel trasmettere la vita e farlo con responsabilità. Questo significa interrogarsi sul tempo opportuno per generare figli, sul loro numero, evitando l’egoismo per cui tutto viene prima del figli (la casa la carriera, l’autonomia) Insieme i coniugi devono evitare di pensare in maniera strumentale, cioè come soluzione dei problemi coniugali o come risposta ad un bisogno personale di paternità o maternità: il figlio è un altro da sé, è il segno di un dono autentico, di un amore coniugale che si esprime nel dono della vita.

Quotidianità casalinga e lavoro: ci sono infine alcuni aspetti che potrebbero essere banali, ma che possono essere indici di una volontà di vivere insieme o rifiutare di farlo. Penso al momento della tavola, intendendo con questo sia la preparazione dei pasti, come la condivisione degli stessi. Spesso il fatto che entrambi lavorino le porta a non avere molto tempo per stare insieme, è importante che questo tempo venga salvaguardato sia nella quantità che nella qualità.
Quando uno non trova più tempo per stare in famiglia, questo può significare che ha altri interessi non confessabili, oppure ha già rifiutato il suo matrimonio ilquale continua a sussistere a livello di facciata.

Diversa sensibilità religiosa: è raro che questa abbia ai fini di una crisi (se i coniugi sono cristiani). Non è da escludersi quando uno dei due ha eccessivo impegno, che può essere letto come fuga dalla vita coniugale. E’ bene per scongiurare una crisi del proprio matrimonio che i coniugi riprendano talvolta insieme la formula del consenso, espresso il giorno delle nozze. I due hanno promesso quanto segue: lo prendo te come mio sposo/sa e
prometto …
In quel giorno non si e deciso di prendere l’altro come amico o come socio ma come coniuge, cioè come persona cui donare in maniera esclusiva quel tipo di amore che comporta una intimità che si è intenzionati a non riservare a nessuno altro: un amore generoso e fecondo che osa sfidare l’eternità.

2.

Simili considerazioni si potrebbero fare circa. le cause di scioglimento del vincolo matrimoniale, e cioè del matrimonio rato e non consumato e del matrimonio «in favorem fidei», per quanto concerne l’investigazione del giudice al fine di verificare le condizioni necessarie per la concessione della grazia richiesta dello scioglimento.

3.

Anche nelle cause di separazione coniugale si scorgono i suindicati elementi teologico-ecclesiali, anche se in esse il problema è molto meno drastico, in quanto non si tratta di nullità o di scioglimento del vincolo. In ogni caso, pure la convivenza coniugale (can. 1151) appartiene in modo naturale al matrimonio e perciò anche dette cause riguardano l’efficienza ecclesiale del sacramento. Di norma le cause di separazione tra i coniugi sono trattate davanti all’autorità giudiziale civile (art. 55 del Decreto CEI).

4.

Nel contesto delle considerazioni appena fatte circa le cause di nullità matrimoniale, non può sfuggire il contenuto teologico delle cause circa la nullità della sacra ordinazione. Anche in queste c’è il problema del sacramento, di grande importanza ecclesiale in senso operativo.

5.

Per quanto concerne la dichiarazione o l’inflizione delle pene canoniche, anche questa materia ha una trasparente connotazione teologica. Infatti: a) Per lo più si tratta di una semplice constatazione e quindi dichiarazione della realtà ecclesiale circa l’effettiva appartenenza o meno del soggetto alla piena «communio fidelium» ..

6.

Le controversie amministrative) cioè quelle fra persone private e gli organi della pubblica amministrazione, hanno anche esse, in genere, per oggetto, questioni di indubbio valore teologico-ecclesiale.

7.

Riguardo, infine, alle cause circa i beni poco rilevanti in ordine soprannaturale (ad es. la proprietà dei beni temporali), vorrei affermare, come ho fatto per i canoni che determinano la pura tecnica procedurale, che anche queste cause tendono a ripristinare la pace nella comunità ecclesiale in ordine all’armonioso svolgimento della missione propria della Chiesa, orientata verso la salvezza eterna.

III. Incisività teologica nel modo di trattare le cause

1. Nei discorsi di Papa Francesco, Benedetto XVI, Giovanni Paolo II e di Paolo VI alla Rota Romana, spesso viene fatto il richiamo che il lavoro nei tribunali ecclesiastici si svolga con spirito pastorale, con amore e con animo sacerdotale.

Con spirito pastorale: l’attività giudiziaria della Chiesa «è in se stessa, per natura sua, pastorale».

Con amore: Alla luce delle considerazioni fatte sopra, specialmente nella prima parte, si deve constatare che l’operato del giudice ecclesiastico, realizzato con competenza e zelo, è per sé un atto di amore sia verso le parti in causa, sia verso la Chiesa stessa.

Con animo sacerdotale: Da quanto detto dimostra che l’aspetto teologico riguarda anche il modo di trattare le cause.

Conclusione

Concludendo vorrei rilevare che gli aspetti teologici dell’amministrazione della giustizia nella Chiesa, che la rendono sui generis e la rendono un servizio fortemente ecclesiale nel piano della salvezza, richiedono un impegno serio per la preparazione di idonei operatori della giustizia, sia dal punto di vista giuridico che ecclesiale.

Relazione redatta da Padre Alvaro Conti

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