LEGNANO – «Di fronte alla guerra che ci angoscia bisogna vivere. Se rimaniamo costantemente nell’attesa della minaccia non viviamo più». È la raccomandazione del professor Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore all’università di Milano, ospite della conviviale della sezione Ucid Busto-Altomilanese-Valle Olona presieduta da Gabriele Fontana al Palace Hotel di Legnano, per parlare della sfida di crescere dei ragazzi della Generazione Covid.
L’angoscia della guerra
E dopo due anni di pandemia, le preoccupazioni suscitate dalla guerra in Ucraina provocano quello che Pellai definisce «un sovraffollamento di input distruttivi e allarmati, che causa uno stress cronico in cui rischiamo di rimanere intrappolati». In particolare, di fronte alla guerra «i bambini sono i più turbati perché non geolocalizzano» la tragedia. «Dal punto di vista emotivo per loro è dentro casa e mette angoscia – prosegue l’esperto – perché vedono in Tv le case che vengono giù e i bambini separati dalle loro famiglie». Come comportarsi? Il consiglio dello psicoterapeuta è innanzitutto di far capire che «i bambini ucraini vengono qui per essere messi in salvo quindi significa che siamo in una zona protetta e al sicuro». E poi cercare di «fare ogni giorno il meglio possibile con la vita che abbiamo a disposizione perché se rimaniamo costantemente in attesa della minaccia non viviamo più». Infine «un’altra cosa che serve tantissimo sono le testimonianze dei costruttori di pace», da contrapporre alle tante suggestioni dei costruttori di guerra che ci “bombardano” ogni giorno.
La “generazione Covid”
Per i ragazzi della “generazione Covid”, che hanno vissuto gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza tra i lockdown e la Dad, questa fase di ripartenza «dev’essere un tempo di ri-abilitazione – spiega il prof. Pellai – devono riallenarsi all’attenzione e alla focalizzazione», ma anche «riattivare le relazioni e il loro corpo», dopo che «in reclusione» la loro vita si è trasferita «nel territorio virtuale dell’iperconnessione, in mondi molto dipendentigeni che allontanano dalle priorità che i ragazzi devono darsi per diventare grandi». Ora, la raccomandazione del Prof., «ai ragazzi servono esperienze di aggregazione in presenza e di attivazione corporea». Lo dimostra la celebre vicende delle risse tra adolescenti, come quella di Gallarate. «Quel pomeriggio c’è stato un gran casino ma in realtà non si sono fatti niente, solo uno è finito al Pronto soccorso per ferite minori, gli altri sono scappati via». Al netto delle indagini su singoli episodi di reato, per Pellai è l’«esempio tipico di quel che succede quando per molto tempo nessuno offre loro uno spazio, degli appuntamenti e la possibilità di fare cose attive». Perché i ragazzi in Rete «hanno trovato un Paese dei balocchi ma anche tanti Lucignoli». Cosa fare ora? «Ributtare fuori i nostri figli rinunciando all’ansia iperprotettiva e alla comfort zone. Meglio il rischio di una corsa in bicicletta che una fuga nei meandri della rete dove non sono in grado di gestire la complessità».
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Pellai all’Ucid: «La generazione Covid e la guerra: viviamo ogni giorno al meglio»