INCONTRO del 12 settembre 2013
La medicina come ricerca del bene
ALL’UCID DI MONZA IL PROFESSOR LAMBERTENGHI
PARLA DEL RAPPORTO TRA MEDICO E MALATO
di Amedeo Nigra
Doveva essere una serata normale. Medicina, farmaci, malattie. Ma non è stato così. Giovedì 12 Settembre, i Soci dell’UCID Unione Imprenditori e Dirigenti Cristiani di Monza, sono rimasti sorpresi. E affascinati. Il relatore era il Professor Lambertenghi. Medico, studioso, classe 1940, con un lunghissimo curriculum, Presidente della A.M.C.I Associazione Medici Cattolici Italiani di Milano, ha raccontato ai presenti, in modo gradevole e come una fiaba, la storia del rapporto tra medico e malato.
Erano presenti il Presidente dell’UCID di Monza e Brianza, Ingegner Aldo Fumagalli, Monsignor Silvano Provasi che si prodiga sempre generosamente come Consulente Ecclesiastico, l’Ingegner Alessandro Crespi Presidente UCID Gruppo Lombardo, il Professor Enrico Pogliani Patologo Primario dell’Ospedale di Monza, il Dottor Maurizio Cevenini e il Dottor Michele Cevenini dell’Associazione Beat-Leukemia. E tanti soci, ovviamente.
Il luogo era il bellissimo Golf Club Milano, all’interno del fiore all’occhiello dell’Italia: il parco di Monza.
Con l’usuale stile, ha aperto il Presidente Ing. Aldo Fumagalli, presentando i nuovi Soci, il Dottor Alberto Desio e l’Ingegner Luigi Brambilla e introducendo poi il Professor Lambertenghi.
Quindi si inizia. I Soci vedono scorrere le slide con la storia del rapporto tra medico e paziente, fin dall’antichità.
“Sceglierò” – dice Ippocrate (460-375 AC) – “il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa”.
Questo è l’inizio del noto “Giuramento di Ippocrate”, primo medico, nell’antichità. E, proprio da qui, nasce il rapporto tra medico e malato. Il Professor Lambertenghi fa scorrere le tavole, dove sono riassunti i pensieri degli studiosi. E, per l’appunto, richiama subito l’importanza dei valori etici, un tema che sarà la costante, in tutta la storia della medicina, con Galeno (II sec.) e poi con Mosè Maimonide (sec. XI-XII) con Locke e Kant (XX-XXI sec.). Partendo, ovviamente, dal già ricordato Ippocrate. Ogni studioso vede un singolo aspetto.
Ma tutti, nel loro insieme, richiamano la spiritualità e il bene, come linea guida, per il medico.
Per i cristiani – ricorda il Professor Lambertenghi – una fonte da segnalare è il Vecchio Testamento, secondo il quale “Il medico è stato creato da Dio e da Dio ottiene sapienza” (Libro del Siracide 38, 1-2). Questo passo delle Scritture va interpretato – segnala giustamente Monsignor Provasi – ricordando che il vocabolo ora tradotto “medico” ed usato del Vecchio Testamento, è particolare. Ma l’idea del bene e del sapere, proveniente dal Creatore, ricorda sempre Monsignor Provasi, è centrale per i cristiani.
A questo punto, chi scrive queste righe, ritiene necessaria una nota, un breve commento, già anticipato nel corso dell’incontro.
Dunque, di cosa stiamo parlando, in questo momento? Semplice. Parliamo dell’atteggiamento e del pensiero, del medico, verso il bene, verso la salvezza.
Ebbene, tutto questo è metafisica, è spiritualità. Un parola che ci lascia perplessi – oggi – perché è la grande assente, nella società contemporanea, per una ragione storica. Perché il filosofo Auguste Comte nell’“800” – fondatore del positivismo – assegnò un valore insignificante alla parola metafisica (e quindi alla spiritualità), ritenendo questo vocabolo, come espressione di una fase antica e ormai superata, nella storia della filosofia. Una frase molto simile alla superstizione. E questo pensiero fece diventare, come fa diventare, ancora oggi, il sentimento e la spiritualità e il bene, come cose “superflue”.
I principi sono principi, appunto. E, quindi, dalla idea della “superfluità della metafisica”, nasce ora la medicina, vista come puro fatto economico. Come “struttura”, dicono gli studiosi. Da qui, il rapporto medico paziente si trasforma in un rapporto prevalentemente amministrativo. La metafisica non c’è più. E il paziente diventa un consumatore di medicine, con tutte le conseguenze, che ci ha ricordato il Professor Lambertenghi: Spending review. I ticket e i superticket. I bollini bianchi, rossi e verdi. Il conto. Il malato “è un conto”. La cura è una prestazione.
Il Professor Lambertenghi ci ricorda che il sistema sanitario è cambiato e subisce questa impronta economica. Si parla di riduzione dei costi e consulti più rapidi e i medici potranno dare “un’occhiata” ai pazienti, attraverso il computer o il cellulare. Non solo. La nostra cultura – segnala il Professore – ha addirittura pensato persino ad un “Processo a Ippocrate” (e al paternalismo medico), con le accuse di violenza privata e di abuso d’ufficio. Alla fine, ricorda il Professor Lambertenghi, Ippocrate verrà assolto. Ma una simile accusa (abuso d’ufficio, per aver voluto fare il bene!) è stata possibile, – ricorda chi scrive – perché viviamo in una società dove fare il bene, è in fuorigioco. Fare il bene, non sempre è lodevole. Anzi, molto spesso diventa un dispregiativo “paternalismo”.
La società – per fortuna – è diversa E’ più umana. Per la gente comune, il medico che pensa al bene, non commette un reato con tanto di capo di imputazione. E’ la salvezza. Così ha scritto Alessandro Cevenini ne “Il segreto è la vita” (ed. PIEMME 2011), parlando dei medici: “grazie perché scegliete di combattere, grazie perché accettate di legarvi a me (malato n.d.r.) e volermi bene”.
Laura Fumagalli, a questo punto interviene e chiede: “Cosa ne pensa, Professore, di Beat-Leukemia?
Il Professor ha subito parole di lode. Ed interviene anche il Dottor Cevenini, che illustra lo scopo dell’Associazione: pensare alla salvezza del malato ed assisterlo, con dedizione.
I presenti tirano un sospiro di sollievo. Qualcuno, ancora, pensa al bene. Il rapporto medico-paziente – aveva detto, poco prima, il Professor Lambertenghi – fa emergere soprattutto l’importanza dei valori extrascientifici (valori base, per i medici) come: arte e stile, equilibrio emotivo, carica umana.
Ma – ci chiediamo noi – questi principi, sono veramente extra scientifici? Avremmo mai inventato la scienza, senza queste “piccole” qualità? E, il primo medico, senza maestri, senza testi di medicina, senza neppure un Ministero della Sanità, da dove avrebbe appreso la sua scienza?
La risposta è quella, che ci ha dato Monsignor Provasi: il sapere viene da Dio.
Ma, soprattutto, la ricerca del bene è la prima scienza. Una ricerca, definita oggi extra-scienza, dalla storiografia moderna, proprio perché la cultura ritiene superfluo il bene e la metafisica. Oggi, valgono solo le “strutture”. Il museo è una struttura culturale. E l’ospedale, una struttura sanitaria.
Ci resta la speranza del pensiero cristiano.
E delle associazioni come la Beat-Leukemia.
E (perché no?), dell’UCID di Monza, che ha pensato a questo incontro.